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A V V E R T E N Z A:

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CAMPOFREDA

 

Principali Residenze:

-         Portocannone;

-     Caserta;

 

Arma: D'azzurro a due leoni d'oro controrampanti ad un pino al naturale terrazzato di verde.

Stemma scolpito sulla chiave di volta del portone di palazzo Campofreda a Portocannone  

 

La famiglia Campofreda è antica di Portocannone, dove se ne hanno notizie fin dai primi anni del 1600. Inizialmente fu conosciuta con il cognome Campofegano che nel corso del tempo si trasformò prima in Campofredano e poi nella forma attuale (dal XIX sec.) Campofreda.

Il palazzo abitato dai Campofreda a Portocannone era munito di opere difensive tra cui una torre, oggi non più visibile, perché fu abbattuta durante alcuni lavori di restauro fatti eseguire nel 1918 in occasione delle nozze di Teodoro Campofreda con D. Clementina Centore di Casagiove. Nei sotterranei esisteva anche una galleria che consentiva, in caso di necessità, la fuga al di là delle mura.

I membri di questa famiglia parteciparono attivamente alla vita politica di Portocannone con i sindaci Nazario (1812-1813) e Luigi (1860-1861), dettero uomini alla chiesa (si ricorda l'Arciprete D. Luigi Campofreda) e molti furono i ministri di culto ortodosso, ma si distinsero particolarmente nelle armi. Fra questi in particolare si ricordano:

Nazzario: il governo francese gli affidò il compito di mantenere la tranquillità nel territorio e sul litorale. Ricoprì il grado di Tenente Colonnello e fu anche di Sindaco di Portocannone. Nel 1799, come comandante di truppa, guidò una compagnia di cento albanesi contro gli abitanti di Casacalenda che si erano ribellati al feudatario di Sangro. Al ritorno della dinastia borbonica, continuò a rimanere fedele al precedente governo; il Poerio, conoscendo la sua tenacia, lo costrinse alla capitolazione, sequestrando la sua famiglia e tenendola prigioniera. In questo modo a Nazzario non rimase altra scelta che arrendersi. Odiato dai malviventi e dai briganti fu ucciso durante un agguato nel quale era previsto dovesse soccombere anche il figlio Nicola, il quale, invece, scampò grazie al proditorio intervento di una donna che era a conoscenza dell'agguato. L'intendente di Capitanata, D. Biase Zurlo, scrivendo al generale Ortigoni, così ricordava la figura del Campofreda: "

 

"La morte di Nazario Campofreda è per codesto distretto un avvenimento di
epoca ed è per la polizia della provincia un accidente, il più dispiacevole, anzi
una perdita preziosa che non può rimpiazzarsi. Essa ha perduto un uomo a se
attaccato, un uomo che manteneva l’ordine di Portocannone, paese facinoroso,
un uomo che vi aveva portato innanzi l’agricoltura, che l’aveva fatta gustare agli
abitanti e che allontanando questa dai contrabbandi e dai delitti li aveva
incominciato ad attaccare alla proprietà. Egli infine ha fatto verificare il
paradosso di guardarsi con dispiacere la perdita di un individuo che nei suoi
principi non era stato che cattivo e che la prudenza dei funzionari del Governo
maneggiandolo opportunamente aveva reso buono"

Nicola: figlio del precedente, Capitano delle milizie della provincia di Molise. Nel corso della sua carriera debellò una famosa banda di briganti che infestava il Molise e la Capitanata, quella cd. dei "Vardarelli". Per questa vittoria il re Ferdinando II gli conferì una medaglia d'argento sulla quale si legge la seguente dedica: "A D. Nicola Campofreda di Portocannone che operò a liberare il Comune da alcuni masnadieri". Fu in rapporto con i generali Carrascosa, Florestano Pepe, e d'Amato, nonché con il de Concilis ed altri famosi carbonari del 1820. Ebbe rapporti anche col marchese Dragonetti, Piersilvestro Leopardi, Silvio Spaventa, Carlo Poerio ed altri appartenenti al partito liberale e d'azione. Questa sua militanza gli costò il carcere, dal quale scampò solo grazie all'interessamento della sua figlioccia nonché dama di corte D. Carolina Musacchio, la quale era molto ben voluta dai sovrani.

  

La medaglia d'argento conferita a D. Nicola Campofreda per aver sconfitto la banda dei "Vardarelli"

 

Antonio: fratello del precedente, entrò, nel 1820, al Collegio della Nunziatella a "piazza franca". Terminata l'educazione militare ottenne il grado di Capitano. Morì giovanissimo a Melfi o Nocera. Fu amico di Girolamo Ulloa;

Luigi Demetrio: Capitano dei volontari albanesi;

Antonio: Capitano garibaldino.

I Campofreda hanno contratto alleanze matrimoniale con altre notabili famiglie del luogo ed attualmente risiedono a Caserta e provincia.


 

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La creazione della presente pagina è stata resa possibile solo grazie alle informazioni ed al materiale gentilmente fornito dal Bar. Cav. D. Renato Campofreda.