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Doristella d'Alena (1895 - 1926), figlia di Lorenzo e di Giovanna di Ciò, sposò l'Ing. Michele Meccia di Castelverrino. Ebbe due figli, Vincenzo e Pasqualino, ma una tenace malattia la stroncò nel fiore degli anni.

Nella chiesa parrocchiale di Castelverrino, sua patria adottiva, si celebrò nel marzo del 1926, in occasione del trigesimo della morte, una solenne cerimonia, di cui ci è giunta memoria grazie ad un libretto a stampa, edita per i tipi della Sammartino Ricci di Agnone, conservato nelle Biblioteche Riunite Comunale e 'B. Labanca' di Agnone, intitolato In memoriam Doristella Meccia nata dé Baroni d'Alena.

La pubblicazione, dopo una breve descrizione dell'ambiente in cui avvenne la celebrazione, riporta fedelmente il discorso tenuto Parroco D. Giovanni Busico.

 

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In memoriam

 

DORISTELLA MECCIA

NATA DE' BARONI D'ALENA

 

 

... errar vede il suo spirto

tra il rimpianto...

FOSCOLO - Sepolcri

 

 

 

     Stamane, dopo breve fulminea malattia, è volata al cielo l'anima eletta della Signora

 

STELLA MECCIA

dei Baroni D'Alena

 

    Il marito, Ing. Michele Meccia; i tenerissimi figli Vincenzo e Pasqualino; i genitori Lorenzo dei Baroni D'Alena e Giovannina Di Ciò; i suoceri Vincenzo Meccia e Carmela Fabrizio; i fratelli Federico, Alessandro, Amico ed Antonio; le sorelle Cristina, col marito Adelchi Fioriti, e Filomena; la nonna Filomena Perrilli vedova Di Ciò; gli zii D'Alena e Di Ciò e gli altri congiunti ne danno, con l'animo straziato dal dolore, il tristissimo annunzio.

            S. Pietro Avellana, 24 Febbraio 1926

 

 

O mare, che linguaggio è il tuo?

Il linguaggio dell'eterna domanda?

Che linguaggio, è la tua risposta o cielo!

Il linguaggio dell'eterno silenzio!

                    Tagore - Uccelli migrant

 

 

    Nel trigesimo della morte della Signora Doristella Meccia, nata dé Baroni D'Alena - 24 - 3 - 1926, - per cura della famiglia, in Castelverrino, nella Chiesa Parrocchiale dé SS. App. Simone e Giuda, fu celebrato un solennissimo e ricchissimo funerale, sotto la direzione del Parroco Don Giovanni Busico.

    La Chiesa fu addobbata con gramaglie e festoni neri, che, dall'alto del soffitto, a cupola, scendevano lungo le colonne della navata maggiore, nel cui mezzo si ergeva, maestoso, un severo catafalco, letteralmente coperto di fiori, di edera, di alloro, ed era circondato da mille ceri, sopra lucidi e grandi candelieri di ottone.

    Dà finestroni, velati di nero, pioveva una tenue luce, invitante al raccoglimento ed alla preghiera.

    Tutti i nove altari del Tempio, vennero illuminati con austerità.

    Alla mesta e pia cerimonia, invitati, intervennero il Sindaco, la Giunta, il Fascio, gli Enti, e quasi tutta la cittadinanza.

    La buona Estinta ha lasciato tanta buona eredità di affetti e, tutti quelli che la conobbero, credettero, intervenendo, tributarle l'eterno omaggio e piamente suffragarne l'Anima benedetta.

    Tra il più religioso silenzio, fu cantato l'Officium mortuorum e la Messa solenne fu celebrata dal Parroco Busico, il quale prima di dare l'ultima assoluzione, dal pergamo, tra la più viva commozione degli ascoltanti, pronunziò il seguente discorso:

 

La vita altro mai nulla ...
... al gener nostro il fato
non donò che il morire!...
Leopardi

            Figliuoli!

    Un pensiero affettuosamente pio della famiglia vi ha qui radunati, per la celebrazione di un rito religioso e tenero: - suffragare l'anima di una giovane sposa, scomparsa, inaspettatamente, dalla scena del mondo - l'anima della Signora

 

D O R I S T E L L A   M E C C I A

nata dé Baroni D'Alena

 

e, per invito della famiglia stessa, io devo mandare a Lei il saluto dell'affetto e della riconoscenza, la parola del rammarico e del commiato.

    Che vi dirò io mai, o Figliuoli?!

    Certe vicende così funeree, così accascianti soffocano il cuore, spezzano la parola sulle labbra! Certi drammi spietati non danno all'anima nè requie, nè tregua; innanzi ad essi si rimane presso che inerti ed i singhiozzi soltanto, insistentemente salgono alla gola!

    Ed il dramma, o Figliuoli, così come avvenne, or è decorso un mese, ci è ancora presente triste, lugubre, nero come una pietra nera, innanzi alla commossa fantasia.

    Questo dramma si compendia nelle poche parole: - Era giovine sposa amata; era madre amante; è morta a soli 30 anni! -

    Oh come e quanto è crudele la inesorabile Parca della morte! oh quanto e come è spietata!

    Dinanzi ai suoi lividi occhi non vi è freschezza, nè bellezza, nè floridezza, nè fortezza di anni! Di tutto superest sepulcrum (I)

    Quando alle nostre case essa, severa, discende, diffondendo intorno lugubre silenzio, senza pur volgersi, atterra e miete grappoli verdi e bionde spighe; coglie e strappa spose pie, verginette vaghe: vecchi, fanciulli, giovani. (2)

    Aggredisce, come ladro, ... quando meno si aspetta, ...all'impazzata, ...seminando terrore e sconforto dovunque torce i suoi avidi sguardi.

    E non è mai contenta delle vittime che falcia: più ne ha, più ne vuole!

    Ha aggredito un mese fa, una giovine esistenza piena di vita, di vigore, di gioventù, di amore!

    Ha aggredito Doristella d'Alena!

    L'ha aggredita, ma, prima, ha dovuto chiudere i suoi occhi, per non vedere due tenerissime creature innocenti, uno sposo, un padre, una madre, dè fratelli, dè parenti affezionatissimi; l'ha aggredita, l'ha spiantata, l'ha distrutta, l'ha avvolta nel suo funereo drappo, l'ha rapita senza vedere, senza sentire che tutto intorno era pianto, era desolazione, era sconforto!

    Povera Doristella! poveri angioli, orbati, per sempre, del sorriso e dell'affetto materno! povero sposo! poveri genitori! poveri fratelli!

    Come è crudele, come è spietata la morte! Ma allora, o Figliuoli, allora no! noi non potremo chiamarla questa Parca, come il poeta, diva, magari qualificandola severa, no! Noi dobbiamo e possiamo chiamarla megera, nefasta, triste, inumana megera.

    Si, o Figliuoli, nefasta megera noi dobbiamo chiamare la morte, dacché pensiamo che oggi, dopo un mese, ci siamo qui radunati, in questo Tempio, per prendere, nel fervore delle nostre preghiere, una giovine madre, una giovine sposa, una giovine figlia, una giovine sorella che, a soli 30 anni, chiude gli occhi inaspettatamente, dopo di avere, per una seconda volta, sofferte le doglie, che cedono il posto alle gioie della maternità! ... (3) prenderla nel fervore delle nostre preghiere, e presentarla a Dio, perché nelle grandi braccia della sua Misericordia, ne accolga l'anima, la imparadisi e faccia sentire, à superstiti, un tantino di conforto, nella desolazione che li circonda.

* * *

    Era giovine, o Figliuoli, Doristella d'Alena: era giovane, era bella, era vigorosa, era ricca di ogni peregrina virtù.

    Gentilmente e cristianamente educata dà suoi, passò la sua fanciullezza e la sua prima giovinezza nel suo loco natio: - S. Pietro Avellana, - dove aprì gli occhi alla luce il 1 ottobre 1895, da Lorenzo dei Baroni d'Alena e dalla Signora Di Ciò Giovannina.

    Ardentemente amata, riamando il giovane perito agrimensore - Meccia Michele -, biancovestita, e cinta la treccia corvina del fiore di arancio, all'età di anni 26, dopo di avere giurato fede ed amore, ai piedi dell'Altare del suo Sant'Amico, (4) passando a nuova vita, ne venne in Castelverrino, dove il profumo delle sue virtù, il fervore della sua cristiana pietà la fecero apprezzare ed amare.

    Allontanatasi per poco, ne tornò quando già era madre di un vezzoso bambino. Ed eccola, eccola - mi sembra ancor di vederla - eccola in questo Tempio, à piè di questo Altare, genuflessa, presentare il primo frutto del suo amore, presentarlo a Dio e, come rapita in estasi ... pregare, pregare, perché, dà piedi di questo altare, il suo primogenito - gioia e speranza della sua vita - partisse benedetto, benedetto da Dio, benedetto dalla Madonna dè suoi Avi paterni, dalla Madonna della Libera (5). Raggiante di gioia, in quel giorno di ottobre, mi sembrò veramente felice. Ed io, dal profondo del mio cuore di Sacerdote, in virtù del mio sacro Ministero, la benedissi e feci scorrere su lei, e sul suo nato, l'acqua benedetta!

    Ma ahimé!

        "Questa vita terrena è quasi prato
        che il serpente tra i fiori e l'erba giace (6)

    In quella pura e dolce estasi, in quella santa e nobile gioia di sposa e di madre felice, non ebbe il presagio del suo destino che, beffardo, ghignava sulle sue dolci speranze, sulla sua ambita felicità, sulla floridezza del suo organismo; non sentì come esso appuntava gli artigli crudeli, per ghermirla, per farla sua ... per distruggere per sempre, tanta felicità.

    E chi mai avrebbe potuto pensare che per lei il cielo doveva abbrunire? che su lei dovevano addensarsi le nubi gravide di distruzione e di morte

        "O natura, o natura,
        perché non rendi poi
        quel che prometti allor? perché di tanto
        inganni i figli tuoi?!" (7)

    Ma quel presagio, che a lei era mancato, in quell'ottobre, non le mancò, quando nella sua ultima venuta, in questa sua seconda patria, dopo di avervi passato alquanti giorni, si approntava per tornare novellamente presso i genitori.

    In questo suo allontanamento, che doveva essere temporaneo, le dovette piangere in segreto il cor presago di ria sventura.

    Ed inviando a me, per mezzo di un parente dello sposo, le elemosina, per la celebrazione di una messa piana, mi mandò dicendo che avessi pregato per Lei, in modo speciale, la Madonna della Libera.

    Anima gentilmente cristiana, così prendeva commiato da questo paesello e da questa prodigiosa Madonna!

* * *

        Figliuoli!

    Doristella d'Alena, da un mese non è più: essa ha lasciato questo gretto mondo: mondo di miserie, di vanità, di ipocrisie!

    Voi che, sibbene per poco, la conosceste, l'avvicinaste, l'amaste, l'apprezzaste, La ricorderete sempre e sempre potrete attestare di quale e quanta bontà era dotata, di quale fine educazione era fornita, di quale signorilità di modi, di quale modestia era ricca, di quale sentimento sinceramente religioso era adornata e perciò avete degnamente corrisposto al pio invito della famiglia e pietosamente siete qui convenuti, per offrirle il fiore della ricordanza, il fiore dell'amicizia, il fiore della preghiera; per offrire a lei fiori e preghiere, a lei che, in vita, amò tanto preghiere e fiori!

    Dal cielo Essa guarda tutti e, grata, sorride mentre l'Anima sua, silenziosa, per un istante, si parte dalle sideree vette e vola ... vola sul capo delle sue sventurate creaturine e, con l'eco flessibile delle nenia materna, come già in vita, cullandoli, concilia loro il sonno, perché non piangano, perché non sentano la sventura che su di loro si è abbattuta ...

    Vola ... vola la sua bell'Anima intorno à superstiti, per invitarli alla rassegnazione, per sollevarli nella sventura che li ha accasciati e, con un sorriso celestiale, dice loro: - Che piangete? ... - Non era Stella il mio nome?! ... - Dove sono le Stelle? ... - Nel Cielo? ... - ebbene son volata tra le mie sorelle!!! -

 

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(I) Giobbe 17 - I.

(2) Carducci - Mors.

(3) Giovanni 16 - 21.

(4) Protettore di S. Pietro Avellana.

(5) Protettrice di Castelverrino.

(6) Petrarca.

(7) Leopardi "A Silvia".