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L'ARME DEI BARONI D'ALENA

 

di GUIDO SANTULLI

 

L'intento di questo breve scritto consiste nel dare una interpretazione dell'arme trasfigurandone i simboli che la compongono e svelandone il significato più profondo nonché evidenziare l'alta esortazione morale che l'accompagna. Innanzitutto è importante sottolineare che lo stemma ci è pervenuto in due differenti versioni ma, come vedremo entrambe conducono verso il medesimo contenuto. Nella sua parte centrale il cuore dello scudo è rappresentato dal fusto d'albero (o colonna) che acquista la funzione di "axis mundi",le radici profonde del tronco rimandano addirittura ad Yggdrasil l'albero cosmico della tradizione nordico/polare o alla colonna della Porta dei Leoni di Micene: la Porta è famosa per il massiccio architrave sormontato da una grande lastra triangolare con due leoni affiancati in piedi sulle zampe anteriori ai lati di una colonna, motivo che si ritrova anche nei sigilli micenei.

Tornando invece ad Yggdrasil ed alla sua funzione di albero cosmico può venirci in aiuto Eliade che afferma: "L'albero può, indubbiamente, diventare un simbolo dell'Universo, e sotto questa forma lo troviamo nelle civiltà evolute; ma per una coscienza religiosa arcaica l'albero ‘è’ l'Universo, e se ‘è’ l'Universo, significa che ripete e riassume l'Universo, al tempo stesso che lo ‘simboleggia' "[1]. Inoltre: "la presenza dell'aquila su Yggdrasil - particolare mancante nella tradizione biblica - avvicina piuttosto questo simbolo cosmologico ai tipi nord-asiatici. La lotta fra l'aquila e il serpente, come la lotta di Garuda col rettile, motivo molto noto nella mitologia e nell'iconografia indiana, è un simbolo cosmologico della lotta fra luce e tenebre, dell'opposizione fra i due principi, quello solare e quello sotterraneo."[2]

Nel caso specifico dello stemma dei Baroni D'Alena in entrambe le versioni, sia quella con colonna che quella con fusto d'albero, la figura non può che intendersi come asse polare che rimanda inevitabilmente ad una tradizione primordiale e che va ad acquistare un significato sempre più marcatamente cristiano quando si prosegue con l'analisi delle altre figure che compongono l'arme. Ai lati dell'asse-colonna-fusto troviamo due leoni rampanti d'oro,in questo caso sia il metallo che la specie animale in questione non possono che rimandare alla simbologia cristiana di regalità, non solo per la ben nota associazione del leone con Cristo che è stata sviluppata già nel Fisiologo ed è in seguito divenuta parte dell'iconografia tradizionale cristiana ma nella simmetria stessa dei due leoni; in questo caso giova ricordare il cronista medievale frà Salimbene che così descrive i due leoni ai piedi della Cattedrale di Parma:  "i due leoni marmorei furono fatti uno bianco e l’altro rosso – allusione alle due nature di Cristo, quella umana e quella divina – in onore della Vergine: Maria infatti, alla quale è dedicata la Cattedrale, è madre di Gesù Cristo, che nello stesso tempo è uomo e Dio. Il leone accovacciato è il Signore risorto e la preda tra le sue zampe è la morte, che da lui è stata vinta: molti passi delle Scritture richiamano questa immagine. Inoltre il leone-Cristo è raffigurato come sostegno delle colonne: è il risorto che sostiene la sua Chiesa e l’intera vita dei credenti." Inoltre sull'arme dei D'Alena è presente un leone trafitto da ben cinque frecce numero non casuale che può alludere alle Sante Piaghe (o Cinque Piaghe), sofferte da Gesù Cristo (Leone di Giuda) durante la Crocefissione. Nella versione dello stemma senza smalti conservata nell'Archivio Centrale dello Stato ci troviamo invece di fronte alla dualità funzionale del Cristo Re e Sommo Sacerdote che emerge in tutta la sua profondità: i due leoni infatti, contrassegnati uno da mitria e pastorale l'altro dalle lance, mantengono stabile l' 'axis mundi' o 'albero della vita' dell'Antico Testamento che parte dalla terra e si verticalizza verso il cielo e le stelle. Come non pensare alla tradizione dantesca ed all'equilibrio vanamente cercato durante tutto il medioevo tra potere spirituale e temporale? Nello stemma può velarsi proprio questo monito-esortazione a seguire e difendere la "diritta via" che conduce alla giustizia e all'armonia, in effetti sia la via spirituale/ecclesiastica rappresentata dal leone con la mitria e il pastorale sia la via temporale/militare che rimanda al leone con le lance e la faretra hanno qui la loro rappresentazione in pari dignità ed ambedue sostengono e difendono l'asse che porta al cielo.

Infatti le due vie tradizionali che contraddistinguono il carisma del cavaliere e del sacerdote devono inevitabilmente armonizzarsi e sorreggere la tradizione sacra che rimanda all'Aquila in cima alla colonna fino ad arrivare al cielo e alle stelle. Una via che è Amore ordinato e simmetrico, un processo che armonizza ed equilibra, non a caso ai due leoni corrispondono simmetricamente le ali dell'aquila posta in cima all'asse-fusto e l'uccello stesso viene a sua volta sormontato da cinque stelle rispettivamente una centrale sulla testa e altre quattro due a destra e due sinistra. E cos'è l'Aquila se non lo stesso Cristo-Salvatore che porta le anime al cielo? Già il Deuteronomio, nel Cantico di Mosè, assimila la figura di Dio all'aquila: "Come un'aquila incita la sua nidiata e aleggia sopra i suoi piccoli, così Egli spiega le ali, lo prende e lo porta sulle sue penne." Ancora più diretto è Filippo di Thaon, monaco e poeta normanno del XII secolo che così scrive nel suo Bestiario: « L'aquila significa / il figlio di Santa Maria, / che è un re di tutti gli uomini / senza alcun dubbio, / sta in alto e vede lontano, / sa bene che cosa deve fare ».Ciò che però va evidenziato è che nello stemma le ali dell'aquila vanno a sostituire la chioma dell'albero, rigenerando il fusto e facendo acquisire alla figura la forma di croce latina. L'aquila non sostituisce la croce ma si integra con la colonna ed in qualche modo la vivifica; va peraltro evidenziato quanto questa figura sia simile alle preziosissime croci stazionarie di cui è disseminato tutto il Molise, nel nostro caso vale la pena ricordare quella sita in Frosolone proprio davanti al Palazzo D'Alena che presenta due leoni ai fianchi di una colonna con sopra un "Crocifisso con i bracci che si concludono in forma di cherubini e lo Spirito Santo raggiato che piomba dall’alto in forma di colomba. Sull’altro lato della Croce sta la Madonna Immacolata poggiata su una mezzaluna"[3].

D'altronde "la realizzazione del divino si compie col divino e nel divino e non è possibile senza il Figlio di Dio di cui il simbolo è la Croce"[4]. Nell'interpretare il significato dell'arme cercando di ritornare al significato originale è importante non trascurare l'educazione religiosa di tanti illustri membri della famiglia D'Alena: sacerdoti come Girolamo (1675 – 1759) , dottore in diritto, che partecipò al Sinodo Mariconda del 1727 in qualità di giudice sinodale, e suo fratello Giuseppe (1685 – 1772) che intervenne come esaminatore ex clero seculari urbano e fra i quattro giudici sinodali occupò il primo posto: “Rev. D. Ioseph Antonius de Alena U.I.D. Illustr. Episcopi Vicarius Generalis”. Un aspetto, quello religioso che ha sempre accompagnato la famiglia D'Alena come dimostra la fondazione di una cappella intitolata alla Vergine del Carmelo, posta all’interno della Chiesa Parrocchiale di S. Pietro Apostolo, a Frosolone, che sorgeva proprio di fronte al Palazzo d’Alena. Questa profonda religiosità ha guidato la famiglia nel corso dei secoli come testimoniano il privilegio papale che la moglie di Domenico Antonio, Teresa Cornè ottenne nel 1842 da Papa Gregorio XVI e gli altri due membri che hanno scelto la vita sacerdotale : Antonio (1805 – 1892) e Francesco Paolo Gaetano (1809 – 1873). Dunque la simbologia sacra avrà avuto giocoforza un ruolo fondamentale nella scelta dello stemma e sempre sulla figura dell'aquila in cui culmina e tende tutta l'arme, giova menzionare una citazione piuttosto calzante, questa volta del padre e dottore della chiesa, Sant'Ambrogio che dice: "L'aquila si comprende come quella del Cristo che, col suo volo, è sceso in terra. Questo genere di animale non riceve cibo prima che la castità di sua madre sia dimostrata quando con gli occhi aperti, senza battere le ciglia, può contemplare il sole. È dunque a giusto titolo che questo animale è paragonato al Salvatore perché, quando vuole catturare qualche essere, non calpesta il suolo, ma elegge un luogo elevato: così il Cristo, sospeso all'alta croce, in un fracasso terribile ed in un volo tonante prende d'assalto gl'inferi e porta via verso i cieli i santi che ha afferrato."[5]

Dunque alla luce dell'iconografia cristiana e dell'educazione religiosa alla cui fonte si sono abbeverati tanti membri della famiglia D'Alena, possiamo azzardare questa conclusione: i due leoni raffigurano Nostro Signore Gesù Cristo, nelle sue due nature e nella sua doppia funzione di Re e Sommo Sacerdote che redime e sorregge l'intero universo (albero cosmico) indicando la via per la salvezza: la croce che si genera con l'integrazione dell'aquila sul fusto dell'albero cosmico,la via dell'"Amore che muove il sole e le altre stelle".  


 

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[1] Mircea Eliade "Traité d'histoire des religions". Payot, Parigi, 1948.

[2] Mircea Eliade "Traité d'histoire des religions". Payot, Parigi, 1948.

[3] Franco Valente "Croci stazionarie nel Molise" www.francovalente.it

[4] Guido De Giorgio "La tradizione romana".Edizioni Mediterranee.

[5] Sant'Ambrogio, Sermoni , 47, in Patrologia latina, 17, 724. Così citato da Alfredo Cattabiani, Volario, p. 577.