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(in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio si chiede di voler gentilmente indicare la fonte)
Tra
tutti gli ordini cavallereschi, quello del Toson d'oro è sicuramente uno dei più
prestigiosi e forse l'unico la cui onorificenza può essere concessa sia dagli
Asburgo che dai Reali di Spagna.
Il
suo emblema è un'ariete d'oro appeso ad un anello e fu fondato a Bruges il 10
gennaio 1429 da Filippo II detto il Buono duca di Borgogna, sovrano dei Paesi
Bassi, in occasione delle nozze con Elisabetta di Portogallo, sua terza moglie e
venne posto sotto l'invocazione di Maria Vergine e dell'apostolo S.Andrea.
Approvato
nel 1433 da Papa Eugenio IV e confermato nel 1516 da Leone X.
La
cerimonia che si svolge ogni anno a Vasto si ispira al conferimento del Toson
d’oro da parte di Carlo VI (Vienna 1685-1740), imperatore del SRI (1711-1740),
Re d'Ungheria (come Carlo III), Re di Napoli(Carlo VI) secondo figlio di
Leopoldo I e di Eleonora Neuburg.
L'imperatore,
ultimo discendente degli Asburgo in linea diretta maschile e rivale di Filippo V
per la successione di Spagna, Carlo VI con imperial dispaccio del 23 novembre
1722 commise al marchese del Vasto, Cesare Michelangelo D’Avalos D’Aquino
D'Aragona l'incarico di conferire il Toson d'oro al Connestabile Fabrizio
Colonna, ottavo Principe di Paliano, duca di Tagliacozzo e dei Marsi, figlio del
Connestabile Filippo e di Olimpia Pamphili, sposato a Caterina Salviati, figlia
del Duca di S.Giuliano e di Lucrezia Rospigliosi.
Lo
scenario che fa da sfondo a questo memorabile evento è il Palazzo D'Avalos di
Vasto di proprietà dei marchesi D'Avalos.
Nata
come Histon (la leggenda la vuole fondata da Diomede re dell'Etolia) nel periodo
romano diventa Histonium e solo nell'803 arriva a chamarsi Vasto.
L'origine
di questo nome deriva dal dialettale wast (residenza, dimora) o dall'evoluzione
del lemma gastaldato, che contratto in "guasto", si trasformò
nell'attuale toponimo.
I
preparativi dell'evento durarono alcuni mesi e quando tutto era pronto per
ricevere l'illustre ospite, accompagnati dalla loro corte, arrivarono nella
vicina Atessa, ove furono ospitati alcuni rappresentanti di quella città.
Dopo
alcune consultazioni attraverso i rispettivi segretari venne deciso che la
venuta del Principe fosse fissata per il 23 ottobre.
Intanto
a Vasto arrivarono i primi invitati e ospiti del marchese: il marchese
Castiglioni, i vescovi di Isernia e di Trivento, il preside di Abruzzo
Citeriore.
Il 23 il governatore di Monteodorisio alla testa di 370 uomini di truppa baronale andò a ricevere il Connestabile ai confini dello Stato, nei pressi di Scerni.
Un'ora
dopo usci dal Vasto lo sfarzoso corteo marchesale che si apprestava a ricevere
il Principe, formato da 2 forieri a cavallo, due trombe, quattro staffieri, il
cavallerizzo maggiore.
Altri
dodici staffieri a cavallo, un gentiluomo di camera, seguiva un buon numero di
lacchè e poi le LL.AA. Cesare ed Ippolita D'Avalos.
Seguivano
i Baroni d'Abruzzi e di Capitanata, quindi i Cavalieri di Camerata del Marchese,
le damigelle della Marchesa, alcuni gentiluomini e un gran numero di nobili,
notabili e cittadini a cavallo.
Appena
il marchese col suo corteo fece rientro a Vasto con l'ospite, la città li
accolse con grande fragore e gioia, con suono di campane, scoppio di mortaretti
e sparo di 57 pezzi di artiglieria.
Dopo
vari convenevoli con le autorità cittadine i Colonna si insediarono nel Palazzo
D'Avalos e alle 17:30 venne eseguito un concerto di musica classica in loro
onore; quindi si cenò nel “quarto” della marchesa”, ove si ammirarono
grandi lavori di zuccheri indorati e illuminati.
Il
Connestabile come candidato sedette tra le due dame, a fianco delle quali
presero posto i due vescovi ed il Marchese; con dirimpetto i Cavalieri di
Camerata. La cena fu splendida ed in pubblico, come tutte le altre seguenti, ed
alla fine fu servito un prelibato Tokaj.
La
mattina del 24 ottobre 1723, alle ore dieci e trenta, il Segretario regio,
Giovan Battista Castiglioni, marchese di Arielli, si recò a prelevare dalle sue
stanze il candidato all’Ordine del Toson d’Oro, il Principe Fabrizio
Colonna, Gran Connestabile del regno di Napoli; nella Camera di udienza, seduto
sotto il baldacchino, vestito alla spagnola col mantello di damasco nero e le
insegne del S.R.I., il Marchese Commissario diede ordine al segretario
d’introdurre il candidato. Questi appena entrato fece riverenza e restò in
piedi vicino al Segretario; il Segretario espresse in latino che l’Imperatore,
come Re di Spagna, capo dell’Ordine del Toson d’Oro, avendo riguardo alla
progenie ed alle virtù personali di Fabrizio Colonna, l’aveva eletto per
essere associato a quell’Ordine e ne aveva dato al Marchese la piena podestà.
Il
Marchese quindi domandò al candidato se perseverava nel desiderio, se ne aveva
notizia degli Statuti e se era pronto a dare il giuramento solito e, avutane
risposta affermativa, gli fece legger la formula del ringraziamento,
dell’accettazione e della promessa a lui presentata dal Segretario.
Quindi
il Marchese lesse le parole del Capo 52 del della Costituzione dell’Ordine e
in nome dell’Imperatore lo ammise in vita all’Ordine stesso.
Il
Segretario allora lesse il Diploma Cesareo ad alta voce; quindi il Marchese
domandò al candidato se era stato armato Cavaliere: quegli gli rispose di no e
si inginocchiò davanti la sedia del commissario. A questo punto entrò nella
sala il conte di Villamuri che dopo aver preso la spada d’onore da un bacile
d’argento, la porse, anch’egli inginocchiato, al Commissario il quale con
essa toccò tre volte l’omero sinistro del Candidato, pronunciò la formula
latina. “Efficiet te Deus bonum et honorabilem Equitem in nomine Domini
nostri et S. Georgij” e gli prescrisse il giuramento.
Quindi
il candidato si inginocchiò davanti il tavolino sul quale in due grandi piatti
d’argento erano il Crocifisso ed il Messale aperto al vangelo di quel giorno e
mentre il Segretario lesse la formula del giuramento egli, tenendo le mani una
sul Vangelo e l’altra sul
Crocifisso, appena terminata rispose: “Ita juro, et sic me adjuvet et Deus
et omnes Sancti ejus”.
Si
levò allora in piedi e s’inginocchiò di nuovo davanti al Commissario: il
Segretario allora prese da un bacile d’argento la collana d’oro
dell’ordine, su cui era inciso il motto “Plus Ultra” e inginocchiandosi a
sua volta la diede al Marchese che la pose al collo del nuovo Cavaliere.
Terminata
la solenne cerimonia i tre entrarono nella grande anticamera di S. Pietro ove
era raccolta tutta la nobiltà.
Intorno
all’altare preparato per l’occasione era l’intero capitolo di S. Maria
Maggiore (di cui due Protonotari Apostolici, D. Giovanni Casilli e D. Giacinto
Olivj e otto canonici erano parati) ed il Vescovo di Trivento vestito
pontificalmente, il quale all’entrata del corteo marchesale intonò il Te Deum,
seguitato poi dai musici. Dopo il Te Deum il Vescovò celebrò messa bassa,
accompagnata da un canto di mottetti ed infine recitò in pulpito elegante
orazione latina.
Nel
frattempo dalle finestre e dal balcone centrale del palazzo vennero gettati al
popolo minuto, accorso in piazza, gran quantità di pani, formaggi ed altri
commestibili, mentre le sei cannelle della fontana grande davanti la chiesa di
S. Agostino versarono vino bianco e rosso per cinque ore consecutive.
Terminata
anche la cerimonia religiosa, alle tredici e trenta, si passò alla stanza
preparata per la colazione ed alla tavola d’onore, per quel giorno solo, fu
ammesso l’undicesimo commensale nella persona del Marchese Castiglione.
Fuori
del palazzo i festeggiamenti popolari proseguirono con la stessa intensità,
perché ai giochi della cuccagna e della tombola si aggiunse la distribuzione
gratuita di lauto rinfresco a tutto il popolo e l’incendio di una macchina
pirotecnica di 700 libre di polvere, rappresentante il rapimento del Vello
d’Oro e si accesero da tutte le finestre del Palazzo centinaia di torce di
cera da quattro libbre, lasciate poi ardere interamente.
Il
25 ottobre il Marchese e i suoi ospiti visitarono il Palazzo della Penna, la più
grande villa suburbana di proprietà marchesale a tre miglia dal Vasto e “Il
Frutteto”, altra villa marchesale.
Ritornati
nel Vasto, assistettero dal balcone ad uno spettacolo di fuochi pirotecnici e
poi scesero tutti al teatro, situato al pianterreno del Palazzo.
La
grande sala, oltre alla platea, aveva un palco centrale
e due laterali, nei quali, a seconda del loro grado, gli spettatori si
ripartirono. Si rappresentò il “Trionfo di Bacco”, opera musicale in quel
tempo famosa, cantata in dialetto napoletano da otto “scogliati” con
accompagnamento di sette violini, violoncello, viola, arciliuto, cornetta
e due trombe, diretti da due maestri di cappella. Tale complesso era
stato chiamato nel Vasto da più di un mese.
Al
concerto seguì una cena durante la quale ottennero vivo successo in diverse
sonate i corni da caccia del Connestabile, ai quali il Marchese regalò quattro
doppie.
Il
giorno 26, nonostante la pioggia, partirono tutti per una grande battuta di
caccia alla Bufalara, sulla pianura del Trigno.
La
caccia durò dalle undici e trenta alle quindici e trenta, ma a causa del vento contrario che spinse gli
animali a rifugiarsi sui boschi sopra Montebello, non diede i risultati
previsti.
Tornati
a Palazzo tutti si scambiarono preziosi regali come ricordo dell’evento e come
consuetudine fra i nobili.
Finalmente
il 2 novembre, giorno fissato per la partenza del Principe, arrivarono alla
marina di Vasto tre brigantini del Marchese, sui quali gli ospiti avrebbero
dovuto fare il viaggio fino a San Vito, ma date le condizioni del mare in
tempesta il Connestabile partì con il suo seguito via terra salutato da
triplice scarica di cannoni ed accompagnato per lungo tratto dalla corte
del Marchese.
Le
premure di Don Cesare verso l’ospite durarono per l’intero viaggio di
ritorno fino a Roma.
Dopo
la partenza del Colonna, Don Cesare fece generosa distribuzione di doni a tutti
quelli, invitati, stipendiati o assunti per l’occasione, verso i quali si
sentiva obbligato.
Alla
scafa del Sangro, a dodici miglia dal Vasto, si innalzò per l’ultima volta il
padiglione turchesco, entro cui il Marchese fece servire lauta colazione. A
Lanciano, feudo del Marchese, un buon numero di truppe baronali, con alfiere,
sergente e tamburo sparò a salve in onore degli ospiti che, ricevuto alla porta
della Città l’omaggio del governatore baronale e del Mastrogiurato, scesero
davanti la cattedrale della Madonna del Ponte, ove furono ricevuti
dall’Arcivescovo e da tutto il clero. Dopo il pernottamento si ripartì alla
volta di Francavilla al Mare, dove ebbe fine l’ospitalità del Marchese
concessa a Fabrizio Colonna.
Di
questa ospitalità fu decantata la magnificenza e la finezza dai molti baroni di
Abruzzi e Capitanata intervenuti in gran gala e perché non se ne perdesse
traccia Orazio Guidotti, Capitano della Grassa dei due Abruzzi, ne scrisse
minuziosa relazione da cui è stata tratta la seguente tesi.
Oggi
il Toson d’oro si svolge nella città di Vasto in un periodo compreso tra
giugno e ottobre e prevede la sfilata del corteo marchesale con i suoi ospiti
nel centro storico di Vasto, accompagnato da figuranti in costume d’epoca,
sbandieratori, giullari, trampolieri, artisti di strada e altri personaggi.
La
sera dopo la rievocazione della collazione, danze, artisti di strada, gruppi
pirotecnici e sbandieratori colorano la festa, che si svolge davanti il Palazzo
d’Avalos, porgendo omaggio al
Marchese D’Avalos (o meglio colui che lo interpreta) che insieme ai suoi
ospiti festeggia l’evento con un fastoso banchetto.