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L'UNIVERSO INCONTAMINATO DI UN ARTISTA

NAPOLETANO DEL '900: MARIO RIDOLA

del Prof. Giorgio Mellucci

(articolo pubblicato il 16 novembre 2021)

 


Mario Ridola nacque a Napoli nel 1890 dal barone  Alfonso e dalla nobildonna Maria Consiglia Murolo nel quartiere Stella  uno dei più antichi di Napoli. Sia il padre che il nonno Emmanuele  erano stati degli illustri avvocati nativi di Matera; il padre fu amico dell'avvocato Giovanni Porzio e Gaetano Manfredi , il nonno Emmanuele amico del Pessina nonché cugino di Domenico Ridola (fondatore del Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola di Matera  – suo zio). Il padre era stato il primo avvocato del Comune di Napoli e fondatore dell’Albo scientifico letterario il Manzoni.  Studiò presso l’Accademia di belle Arti di Napoli fu allievo di Vincenzo Volpe, Stanislao Lista, e Michele Cammarano di cui divenne l’allievo prediletto aderendo alla scuola di Posillipo . 
Si laureò nel 1912, e si indirizzò subito grazie ai suoi maestri, verso un agile ed istintivo realismo, prevalentemente dedicato alla narrazione ed alla quotidianità popolare come si nota dalle sue opere esposte nei Musei napoletani: completerà la sua formazione presso l’Accademia di Parigi e poi ad Anversa. 
Aderì con entusiasmo alla cosiddetta "scuola d'Albania", che nel maggio del 1931 al Café Kursal di Tirana, aveva radunato un gruppo di pittori e scultori che riscossero un grande successo: Andrea Kushi, Odhise Paskali, Abdurrahim Buza, e il poeta Lasgush Poradeci, e Ridola nel gennaio del 1932 fondò la prima Scuola di disegno a Tirana – Accademia delle Belle Arti , accolta con favore da un'intera generazione di giovani artisti contribuendo in maniera significativa alla diffusione del verismo in area Balcanica, ponendo particolare attenzione allo studio dei valori folkloristici e culturali locali. Gran parte della diffusione della fase albanese è conservata nel Palazzo Reale di Tirana. 
Questa esperienza culminò nella mostra che si tenne a Tirana nel giugno del 1942. 
La sua prima produzione svela un'adesione ai temi della pittura di genere orientalista, sulla scia della lezione neostoricista di filone ancora tardo ottocentesco, che nella città partenopea trovava una tradizione particolarmente radicata. Le sue molte tele o acquarelli che illustrano figure femminili esotiche e mussulmane, svelano a volte un modus operandi sciolto e fin troppo didascalico. Ma, nelle opere di maggior impegno, l'arte del Ridola dimostra l'incedere di un'artista di non comune traguardo, per la riuscita capacità introspettiva con cui sa animare le vite di un universo femminile costretto a vivere esistenze recluse o sfruttamenti insistiti. A tale poetica fa da contralto un sapiente gioco luministico, ricco di colori caldi e atmosfere da "reve d'amour".

                                                                  

Dagli anni Cinquanta a seguire, concentra la sua indagine su soggetti figurativi, ampliando il suo regesto artistico con interessanti vedute e nature morte, in cui il dato del timbro cromatico è assunto a motivo firma. Ritornato in Italia trascorse qualche anno a Roma come docente presso l’Accademia di Belle Arti, per poi trasferirsi a Catanzaro ove morì nel 1972 all’età di ottantadue anni. 
A Catanzaro è stata dedicata una via all'artista. Mario Ridola è stato un rinnovatore della pittura napoletana sul finire dell’ottocento, abbandonando lo stile accademico per dedicarsi allo studio del verismo paesaggistico
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